sabato 31 maggio 2008

Perchè marketing emozionale?

Le esigenze degli individui, essendo anche una conseguenza del cambiamento sociale e culturale, si sono evolute nel corso del tempo ed oggi, trovandoci in una società più complessa, ci troviamo davanti anche ad un consumatore più complesso con bisogni e desideri più elaborati.
Secondo Bauman (2000), in questa società liquida, mutante e con pochi punti di appoggio stabili e fermi, le emozioni personali e artistiche sembrano il modo più efficace, quando non l’unico, per mettere ordine al caos che ci avvolge.
Di conseguenza anche il marketing si trova “costretto” a seguire questi cambiamenti; oggi “non è più il prodotto ad essere venduto”, dato che per ogni categoria merceologica esiste una scelta amplissima, quindi ciò su cui bisogna puntare, è il rapporto che il soggetto stabilisce col brand e con i valori e le emozioni che esso comunica. A questo proposito Fabris sostiene che “il consumatore ha cambiato pelle o sta cambiando pelle, in cerca di esperienze più che di prodotti, di sensazioni e di emozioni più che di valori d’uso.” (Zanacchi, 2004).
L’obiettivo che oggi il marketing si pone è quello di indagare, non più solo sul comportamento del consumatore, ma sulla sua mente, sulla sua soggettività, sui suoi desideri, sulle sue emozioni e percezioni, in rapporto ad un prodotto o ad una comunicazione, al fine di capire meglio i suoi bisogni e quindi soddisfarli.
Ma come si fa a scoprire quali sono realmente questi bisogni?
Oggi si apre una nuova finestra sulla mente del consumatore, un approccio scientifico volto all’individuazione dei suoi desideri: è quello che a noi ci piace chiamare marketing emozionale, ossia un tipo di ricerca che applica scoperte neuroscientifiche alle ricerche di marketing. Lo scopo è di fornire nuovi e più articolati modelli di ricerca di tipo non verbale che integrano i dati e le analisi di tipo verbale, fortemente condizionate dal filtro della ragione.

9 commenti:

Anonimo ha detto...

Trovo entusiasmante la possibilità di poter indagare nella mente del consumatore..un luogo così lontano e sconosciuto.
Fresca dell'esperienza di ricerca che si è tenuta a Roma a fine maggio, ho potuto personalmente constatare come spesso le persone dichiarino consciamente un comportamente d'acquisto e poi ne mettano in pratica uno totalmente diverso. Questo perchè a loro stessi non è dato di sapere cosa realmente accade a livello inconscio, cosa ad esempio colpisce la loro attenzione oppure suscita ansia o stress.
Sono molto incuriosita dalla potenzialità di questo tipo di ricerca!

Francesco Gallucci ha detto...

Si Marianna, è davvero interessante che lo shopper reagisca emotivamente e sostanzialmente "fuori dal controllo" della componente razionale alle situazioni che incontra nel punto di vendita. Questa condizione paricolare dovrebbe però aumentare la responsabilità di chi sviluppa la comunicazioe in store e organizza la pesenza dei prodotti sugli scaffali. Penso che il punto di vendita sia anche uno straordinario luogo di apprendimento continuo per gli shopper, proviamo a immaginare cosa potrebbe diventare in futuro...

Superfabius ha detto...

In verità credo che...

le persone cerchino nei prodotti qualcosa che riesca a soddisfare la loro cronica insoddisfazione. Comprando prodotti sempre più belli ed accattivanti. Che soddisfano solo momentaneamente quella esigenza. Perchè subito dopo, ci si accorge che nulla è cambiato. Si ha bisogno di un nuovo prodotto.
Si genera cosi una spirale, in cui siamo costretti a lavorare di più per poter comprare di più. Ma siccome l' acuisto non ci soddisfa davvero, siamo condannati a lavorare sempre più. Si accumula stress e si vive di apparenza.

Le emozioni di cui hanno bisogno le persone sono l' amicizia, l'amore, il buonumore, la tranquillità.

Conoscete delle aziende che li vendono??




Ciò di cui si ha bisogno è ben altro.

Giovanna Ricci ha detto...

Ciao Marianna,
grazie per il tuo commento! Mi fa piacere che questa esperienza ti abbia entusiasmato e ti abbia aperto una prospettiva verso questo nuovo approccio...Devi sapere che ben il 95% delle decisioni che le persone prendono, quindi anche quelle di consumo, avvegono a livello inconscio, quindi la parte conscia non è che la punta dell'iceberg! Il fatto che questa dimensione "nascosta" possa essere esplorata, non è che un vantaggio per lo shopper, per il quale può essere sviluppata una comunicazione in store, una disposizione degli scaffali in linea con le sue esigenze e all'insegna della semplicità.

Roberta ha detto...

Anche io ho partecipato alla ricerca che si è svolta a roma a fine maggio e devo ammettere che all’inizio ero un po’ scettica. Ho sempre pensato che sia la ragione a guidare i nostri comportamenti, invece tale strumento ha svelato dei retroscena inaspettati!Le persone si lasciano realmente influenzare da piccoli quanto cruciali dettagli che non possono essere lasciati al caso. Sono veramente incuriosita dai filmati che dovremo analizzare poichè ci mostreranno concretamente quello che in molti testi è soltanto frutto di congetture. Trovo che tale ricerca abbia infinite possibilità,ad esempio potrebbe essere utilizzata in campo ergonomico: quale strumento migliore per poter realizzare degli ambienti human-centered?

Giovanna Ricci ha detto...

Ciao Superfabios, grazie anche a te per il tuo commento. Guarda, se ci fossero aziende che vendono le emozioni di cui tu parli, ti assicuro che sarei la prima acquirente! Nessuno vuole vendere emozioni, quello che ci interessa è rilevarle in maniera aggregata, per poi poter intervenire in maniera positiva e costruttiva per le persone. Ti faccio un esempio pratico: rilevare le criticità all'interno di un punto vendita, capire quali sono gli elementi che generano confusione o ansia, cercare di capire cosa può orientare maggiormente gli shopper e mettere in atto azioni di comunicazione o di posizionamento degli scaffali per raggiungere tale scopo, non potrebbe ad esempio generare buonumore e tranquillità in chi fa la spesa, riducendo la complessità dello shopping nei grandi ipermercati e il tempo di ricerca?

Giovanna Ricci ha detto...

Ciao Roberta, grazie per il tuo intervento. Devo dire che hai fatto proprio centro! Si, in effetti questo tipo di ricerca ha infinite possibilità, e quello dell'ergonomia è un ambito al quale ci stiamo concretamente avvicinando in questo periodo. Parli di ambienti human-centered...perchè non proponi qualche idea? Potrebbe essere interessante anche per il tuo project work. Ricorda quello che ti ho detto: novità, semplicità, replicabilità. Sono concetti chiave. Ciao ciao

Unknown ha detto...
Questo commento è stato eliminato dall'autore.
Unknown ha detto...

Posso chiederti cosa differenzia realmente il marketing emozionale da quello sensoriale e da quello esperienziale?

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